Zena El Khalil: l’arte, la guerra e il Libano

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Zena El Khalil, “Love wins every time”, Beirut (2019)

«From fire we can create life. From destruction we rebuild and create hope

Zena El Khalil, TEDxHyderabad (2015)

«Can art change the world?».

Zena El Khalil, pittrice, curatrice, scrittrice e attivista libanese, si pone questa potente domanda. Nasce a Londra nel 1976 ma vive la sua infanzia tra la Nigeria e il Libano. Durante gli attentati dell’11 settembre 2001 si trova a New York: nel suo libro Beirut, I love you racconta cosa abbia significato l’11 settembre per questa città cosmopolita. 

«New York was not the same. After the two buildings fell, I was seen only as an Arab. […] Everyone it seemed was asking me questions. Questions because “I was one of them”. Because I was Arab» [1].

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Zena El Khalil, “The Pink Bride of Peace”, Beirut (2010) by Gigi Roccati

Più New York la respingeva, più Zena si riappropriava del suo essere araba. Questo processo di riscoperta della propria identità sarà determinante per la sua decisione di tornare a Beirut.
Il Libano ha una storia complicata fatta di guerre, milizie e bombardamenti. Eppure Zena è caduta preda dell’incantesimo di Beirut, una città che descrive come la New York del Mediterraneo, cosmopolita e inclusiva. Nel 2006 Beirut viene sconvolta dalla summer war: per 34 giorni tra luglio e agosto si susseguono i bombardamenti sulla città e altre zone strategiche del Libano, a seguito dei contrasti tra l’esercito israeliano e i militanti libanesi di Hezbollah. In questo contesto Zena tiene il blog Beirut Update. War diaries of a 30 year old woman… with love from Beirut che la renderà conosciuta in tutto il mondo grazie alla risonanza mediatica di canali come BBC, CNN e New York Times.

«It’s raining bombs…last night, I counted at least 12 explosions. It was a difficult night. They just wouldn’t stop. […] they just kept going» [2].

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Zena El Khalil, dettaglio “Chocolate” (2010), mixed media, White Box Monaco di Baviera

L’arte di Zena si concentra su problematiche contemporanee comuni non solo al Libano come violenza, genere e religione e sul loro ruolo all’interno della società. Per questo motivo i materiali utilizzati traggono ispirazione dal presente, dai fucili di plastica ai fiori artificiali, riflettendo sull’idea che consumismo e guerra sono in realtà una cosa sola: la plastica è fatta di quello stesso petrolio per cui si combatte.
Per Zena l’arte e l’amore sono il mezzo, anche provocante, per cambiare il modo di pensare; ad esempio, estirpando la violenza dai soldati armati di kalashnikov ed esponendo invece la superficialità della guerra in realtà alternative fatte di pizzi, vestiti di bambole e fiocchi rosa.
Il rosa è sicuramente il tratto distintivo dell’artista che ritorna nella performance, messa in scena ogni anno da più di quindici anni, The Pink Bride of Peace. Indossando un pomposo vestito da sposa rosa, Zena corre per le strade di Beirut durante la Maratona Internazionale dispensando abbracci e fiori ai passanti. Questa occasione è sfruttata dall’artista per richiamare l’attenzione sui problemi delle donne in Libano e per condividere amore, pace e positività in una regione tipicamente instabile e comunemente associata a violenza e sofferenza.

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Zena El Khalil, “Sacred Catastrophe: Healing Lebanon”, Beirut (2017)

Il punto di svolta artistico per Zena arriva con un viaggio interiore: partendo dalla casa di famiglia nel Libano del sud, occupata dall’esercito israeliano e utilizzata come centro di detenzione e tortura per più di vent’anni, superando la rabbia e la delusione iniziale, l’artista giunge alla consapevolezza che l’amore e l’arte siano il mezzo per guarire le ferite e il dolore. Comincia così una serie di Healing ceremonies per i luoghi del Libano che hanno sofferto traumi e violenze. 
Queste cerimonie consistono in momenti di meditazione, cantici, danze e soprattutto dipinti creati dal fuoco e dalle ceneri che diventano inchiostro nero, simbolo dell’assenza di luce, in contrasto con i veli e tessuti bianchi su cui questo viene steso. Grazie a questo processo il sito diventa luogo di riconciliazione con la natura e la comunità, e i suoi residui di energia negativa vengono trasformati in luce e amore.

«Is it possible to create an object that could put an end to violence? […] I found my answer. It is possible. You are that object. You are the greatest work of art ever created. You can work on a personal level to become that instrument of peace. […] We are that object. Art is a tool. And Love is the way»[3].

Eleonora Caucino.

[1] Zena el Khalil, Beirut, I love you: a memoir, 2009, Saqui, London;
[2] Zena el Khalil, Beirut update. War diaries of a 30 year old woman…with love from Beirut, 2006, blog;
[3] Zena el Khalil, TEDxHyderabad, 2015.

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Zena El Khalil, “Healing ceremony”, Aley (2018)
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Zena El Kahlil, “Sacred Catastrophe: Healing Lebanon”, Beirut (2017), exhibition view

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