La pornografia pittorica di Robert Mapplethorpe

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1986. Copyright Robert Mapplethorpe Foundation.

Eredi delle trasformazioni economiche e sociali susseguitesi nella cultura postmoderna del decennio che li precede, gli anni Ottanta del XX secolo si qualificano da subito come gli anni della rivendicazione della totale libertà operativa. L’arte contemporanea, ormai fruibile nella cultura quotidiana, convoglia le proprie energie nella distruzione dei tradizionali confini disciplinari, dando vita ad un linguaggio versatile e polivalente sempre più difficile da incanalare nelle storiche definizioni di pittura, scultura, fotografia ecc. Nuovi cammini vengono creati e percorsi con vigore soprattutto nel settore del fotografico, annientando le storiche distinzioni tra fotografi puri e artisti fotografi, come conseguenza della ormai sanata competizione tra le arti visive. Inoltre, la contaminazione tra ricerca artistica e industria assume la fotografia come strumento prediletto della moda e della pubblicità, mescolando l’ambito pittorico e fotografico per livellare gli ultimi lasciti delle antiche rivalità.

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Phillip Prioleau, 1982 © Robert Mapplethorpe Foundation.

Venendo a mancare il focus ideologico attorno al quale uniformare il proprio lavoro, l’artista di questo decennio non incarna più un’identità costretta ad uno specifico modus operandi e, totalmente libero di arricchire il proprio lavoro con le qualità desiderate, connota le proprie opere con attributi sorprendenti. Questa totalizzante riscrittura delle arti visive produce anche il recupero di alcune caratteristiche in parte marginalizzate. In particolare, per un lungo periodo che si avvia con le avanguardie storiche dei primi del Novecento, la fotografia sembrava aver assorbito l’idea che l’accesso alla dimensione concettuale non potesse prescindere da un preciso rifiuto della tecnica. Scardinando drasticamente questi preconcetti, Robert Mapplethorpe propone opere dalla altissima qualità tecnica, facendo di essa la sua imprescindibile prerogativa, assunta consapevolmente come stile personale. Contrariamente a tutto ciò che era stato asserito prima degli anni Ottanta, ora è proprio la grande precisione di cui è capace la fotografia a permettere a Mapplethorpe di approdare al concettuale. Tutta la sua produzione sarebbe vana senza questo assunto: essa ruota attorno all’ossimoro visivo costruito proprio opponendo all’ideale estetico, molto vicino al gusto classico, la ruvidezza e la scabrosità delle tematiche trattate.

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Lisa Lyon, 1982 © Robert Mapplethorpe Foundation.

Necessariamente infatti, la libertà generale di quegli anni aveva fagocitato anche la sfera della fisicità, consentendo al fotografo americano di prelevare il corpo dal reale per proiettarlo nell’accattivante dimensione dell’immaginario. Privo di ostentazione e di pudore, Mapplethorpe si colloca spesso in primo piano, per abbattere un ulteriore costrutto sociale che divideva drasticamente lo spettatore, dal soggetto e dall’artista. D’altronde, la questione dell’orientamento sessuale risulta per lui importante soggettivamente, per la comprensione personale della propria essenza, omosessuale o meno.

Sebbene già durante la sua formazione al Pratt Institute di Brooklyn utilizzava prelievi da riviste pornografiche, la tematica della sessualità approda fluentemente nelle sue foto durante la relazione con la cantautrice Patti Smith. Negli scatti più espliciti di Portfolio X confluiscono scabrose figure coinvolte in inequivocabili pratiche BDSM sadomasochiste, che oggettivando i corpi donano alla sua produzione una carica contenutistica dirompente mai trovata nell’arte precedente, rafforzata proprio dalla qualità formale e dalla studiata regia compositiva con la quale viene presentata al pubblico. Pubblico che, ragionevolmente sorpreso da immagini così crude e dirette, si mostra sempre curioso, ma anche intimamente turbato. Questa serie gode infatti di censura ai minori di 18 anni in occasione delle mostre: avvenne tanto nel 1983 in occasione della mostra a Palazzo Fortuny di Venezia, quanto nel 2019 in occasione della mostra al Museo Madre di Napoli.

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Portfolio X, 1978 © Robert Mapplethorpe Foundation.

Il duplice carattere di Robert Mapplethorpe, oscillante tra apollineo e dionisiaco, questo inconsueto e dirompente mescolamento dei connotati, si manifesta ancor più nelle fotografie di nudi, tanto maschili quanto femminili, muscolarmente vicinissimi alla perfetta corporatura della scultura classica. L’estensione sensoriale favorita dalle arti visive ha sempre completato le raffigurazioni, tanto pittoriche quanto fotografiche, con la soggettività dell’osservatore; negli scatti di Mapplethorpe questo arricchimento viene esasperato anche grazie all’intimità dei titoli, composti perlopiù dai singoli nomi dei soggetti, senza nemmeno i cognomi. La crudezza degli atti sessuali assume mediante ciò un inedito tono familiare, incanalando l’attenzione sulla relazione con l’oggetto piuttosto che l’oggetto stesso. Lo scandalo del caso Mapplethorpe risiede qui, perché un nudo rappresentato in pittura da Egon Schiele non impressiona come un nudo presentato in fotografia da Mapplethorpe, nonostante quel corpo sia allo stesso modo “come un paesaggio formalmente perfetto, con i muscoli come montagne illuminate dalle albe artificiali delle luci stroboscopiche” (1).

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Portfolio X, 1978 © Robert Mapplethorpe Foundation.

Ancora una volta è l’attenta regia compositiva, ormai desunta a cifra distintiva della sua firma, a distribuire i nudi scultorei nell’inquadratura, donando loro un’eleganza e una solennità che li esalta, scagliandoli da quanto di più lontano possibile ci sia dalla volgarità della pornografia. Lo sguardo percorre la struttura anatomica dei corpi guidato dall’equilibrio altalenante di luci ed ombre, le quali non si limitano più solo alle superfici, ma riflettono sui differenti colori della pelle dei soggetti. Esattamente come i pittori hanno sempre sapientemente affiancato i colori sulle tele e giocato con le linee, ora Mapplethorpe affianca i corpi nello spazio per restituire le medesime esperienziali sensazioni, proponendoci dunque una pornografia pittorica. Tutta la produzione di Mapplethorpe ha come fil rouge il tema dell’eroticità e dell’interesse per la relazione con il soggetto, trasversalmente inserito in ogni sua serie, che tratti di corpi, statue o fiori. Ciò che rende qualcuno o qualcosa di umanamente erotico ai nostri occhi è il modo di guardare: “I fiori hanno un aspetto misterioso e oscuro. Hanno qualcosa di veramente sexy, cosa che di solito non è loro attribuita. Se fotografo un fiore o un pene non faccio nulla di diverso” (2).

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Tulips, 1987 © Robert Mapplethorpe Foundation.

Jasmine Casella

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