L’Associazione ReA Arte nasce nel 2020 per iniziativa di un gruppo di giovani professioniste under 35. Pur con formazioni differenti (dall’ambito curatoriale, alla comunicazione culturale e al fundraising) le organizzatrici si raccolgono intorno a un obiettivo comune: promuovere l’arte e la cultura attraverso il sostegno di artisti emergenti e garantendo loro nuove opportunità di crescita sia professionale che personale. Altra finalità è quella di avvicinare il pubblico a un mercato dell’arte nuovo che possa essere inclusivo e trasparente.
La terza edizione di ReA! Art Fair si svolgerà tra pochi giorni: dal 13 al 16 ottobre a Milano alla Fabbrica del Vapore nello Spazio ex Cisterne. Anche quest’anno saranno 100 gli artisti presenti che esporranno in fiera uno o più lavori. Le opere presentate abbracceranno molteplici linguaggi artistici: pittura, fotografia, scultura e performance fino ad arrivare alla Digital Art e alla Street Art. La novità di questa edizione sarà inoltre la presenza, per la prima volta, di opere NFT.
Per l’occasione le nostre redattrici Giulia Moscheni e Chiara Ravasio hanno intervistato ReA! raccogliendo i punti di vista delle organizzatrici della fiera.

Partiamo da ReA. ReA! Art Fair nasce nel 2020 su iniziativa di un team composto da giovani professioniste donne, ciascuna delle quali variamente impegnata nei più disparati settori dell’arte contemporanea: dall’ambito curatoriale alla comunicazione culturale al fundraising; quanto ritenete importante oggi – in un evento come quello di ReA che riguarda il mondo dell’arte e del mercato in toto – investire su ciascuna professionalità coinvolta nell’organizzazione? L’aspetto curatoriale vale tanto quanto quello della comunicazione culturale o della stampa?
Elisabetta Roncati – Investire su diverse professionalità è sicuramente una delle chiavi di volta che hanno sostenuto e continuano a sorreggere il progetto. Solo accostando più formae mentis e differenti esperienze lavorative e di vita possiamo garantire sempre nuovi spunti ed opportunità ai 100 artisti che ogni anno partecipano a ReA Fair. Inoltre, sfaterò un mito: non è vero che più si è, meno sia facile andare d’accordo o comunque decidere all’unanimità per quanto riguarda le tematiche gestionali inerenti l’Associazione. Siamo un team molto affiatato che trasforma in linfa creativa anche le possibili divergenze. Detto ciò direi che l’aspetto curatoriale non solo valga tanto quanto quello della comunicazione, settore in cui sono impiegata come libera professionista, ma addirittura sia più importante, soprattutto per quanto riguarda ReA! Le curatrici hanno uno dei compiti più difficili di tutti: decidere i 100 partecipanti di ciascuna edizione della fiera. Le opere esposte costituiscono l’immagine di ReA!, l’opinione che il pubblico si crea dell’Associazione dopo aver visitato la mostra mercato alla Fabbrica del Vapore. Quindi, dalla curatela dipende buona parte della riuscita del nostro lavoro e alle ragazze del team, impegnate in questo ambito, vanno tutti i nostri ringraziamenti. Inizialmente nessuno credeva nel progetto ReA! Fair e molti ci consigliavano di rivolgerci a curatori esperti e soprattutto più grandi in termini anagrafici di noi. Invece siamo riuscite, con le nostre forze, a creare un unicum nel panorama del mercato dell’arte italiano.

Il vostro è un team esclusivamente al femminile e oltretutto anche molto giovane. In base a quella che è stata l’esperienza che avete avuto modo di maturare fino ad ora – sia all’interno di ReA sia nella vostra carriera personale – pensate sia ancora difficile per una giovane donna farsi strada in questo mondo?
Paola Shiamtani – Tutte noi abbiamo avuto esperienze e lavoriamo tuttora in diversi settori del mondo dell’arte qui a Milano, in Italia e all’estero. Grazie a queste esperienze passate, ogni membro del nostro team ha qualcosa di diverso da portare alla fiera, mentre lavoriamo collettivamente per costruire uno spazio di lavoro dinamico e creativo per noi stesse e una piattaforma inclusiva per numerosi artisti emergenti che possa crescere a lungo termine. Purtroppo vediamo e viviamo le ingiustizie in quanto giovani donne che lavorano in un ambito competitivo come quello dell’arte contemporanea e siamo costantemente testimoni della disuguaglianza di genere e dello sfruttamento dei lavoratori dell’arte. Avendo creato collettivamente il nostro progetto di fiera alternativa da zero, agiamo e desideriamo riformare il settore in modo sostenibile, trasparente e inclusivo. Cominciamo col garantire agli artisti visibilità e accessibilità alle opportunità.

Rea Art Fair nasce come fiera d’arte contemporanea indipendente, lontana da quelle che sono le dinamiche di un sistema complesso, nel quale spesso gli artisti faticano ad inserirsi. La vostra missione è quella di favorire un avvicinamento diretto tra artisti emergenti e pubblico. Avete incontrato difficoltà nel riuscire a porre in dialogo tra loro attori che normalmente faticano ad interfacciarsi e comunicare?
Maria Myasnikova – Credo che gli artisti siano in difficoltà, punto. Soprattutto per gli artisti emergenti, meno esperienza si ha, più si è a rischio di cadere in problemi di comunicazione, e si ha difficoltà ad esprimere efficacemente il significato delle proprie opere. Perché? Perché spesso non abbiamo idea di quello che succede nei nostri studi, fare arte è un processo inconscio e intimo, ed è difficile far entrare le persone nel nostro universo interiore, per quanto in realtà noi, come artefici di tale universo, abbiamo bisogno di conferme e di essere visti, fisicamente e metaforicamente. È qui che entra in gioco la figura del curatore: un curatore è qualcuno che si prende cura della tua arte, che ha a cuore il tuo interesse e agisce come interprete tra lo spettatore e l’artista, spesso attraverso i testi curatoriali e rapportandosi direttamente con il pubblico. Il nostro obiettivo è rendere l’arte contemporanea accessibile, guidati dalla post-modernità in cui viviamo. Per dirla con Baudrillard: “La Postmodernità è la simultaneità della distruzione dei valori preesistenti e della loro ricostruzione. È un rinnovamento nella rovina”. Quindi perché non rinnovare insieme il mondo dell’arte?

L’Open Call di Rea si è sempre distinta per un numero considerevole di adesioni. Da un punto di vista curatoriale, come sono state orientate le vostre scelte?
Vittoria Martinotti – Credo che l’open call sia uno dei format che meglio riesce a descrivere e dare spazio alla contemporaneità limitando l’ego curatoriale, spesso troppo presente. La fiera ha come principale obiettivo quello di mettere in luce i nuovi talenti internazionali, creando un “safe space” in cui ascoltare le voci del futuro. Perciò la selezione curatoriale mantiene con orgoglio uno spirito caotico e libero dai soliti schemi narrativi. In un mondo che si dirige verso il collasso climatico, guidato da valori e sistemi che incoraggiano il consumo e prosperano sulla disuguaglianza coloniale, l’intento è quello di mettere in risalto artisti che non solo sfidano questi preconcetti, ma suggeriscono percorsi alternativi. Proponendo molteplici e possibili visioni di un pianeta radicalmente diverso, gli artisti di questa edizione immaginano un mondo che dà priorità e che abbraccia una comunità post-umana, guidata dalla collaborazione intraspecifica e narrative inclusive.

Le opportunità per i giovani artisti non si concludono con la chiusura della fiera, il vostro team ha infatti pensato ad ulteriori possibilità per tutti coloro che si distingueranno per originalità e bravura. Dieci di loro vedranno i loro lavori esposti in una collettiva la prossima primavera; due autori, invece, potranno frequentare una residenza d’artista il prossimo anno. Potete spiegarci meglio come si svolgeranno queste due attività?
Maryna Rybakova – Per quanto riguarda la mostra collettiva non possiamo ancora svelare tanto, ma sarà sicuramente un progetto che porterà avanti il nostro spirito innovativo, ponendosi come tramite tra il pubblico generale e l’artista emergente. Ad oggi stiamo facendo una ricerca sugli spazi che non sono puramente “espositivi” per natura, ma ibridi e che accolgono un pubblico vario. L’altro punto importante, e che, come quest’anno, anche nel 2023 chi frequenterà il corso per curatori CreA!, avrà modo di contribuire all’organizzazione e alla creazione di questa mostra di 10 artisti, come parte applicativa all’interno del percorso di apprendimento.

Altra novità di quest’anno è l’assegnazione di una residenza d’artista a due autori tra i più meritevoli; possibilità raggiunta grazie alla collaborazione con ExtrArtis. Potete spiegarci meglio come e quando si svolgerà questa residenza? Quanto e come pensate la residenza possa essere di supporto nei confronti di un artista emergente e della sua carriera?
Maryna Rybakova – La residenza in collaborazione con ExtrArtis si svolgerà dal 1 al 15 marzo 2023 a Sorrento, in una villa storica che offre un ambiente di ispirazione imparagonabile, insieme alla immersione nella natura della Costiera Amalfitana. Le residenze sono strumenti fondamentali, e cerchiamo sempre di portare avanti le collaborazioni con spazi che ospitano gli artisti (ad esempio il premio residenza al SuperOtium a Napoli, della II edizione della fiera nel 2021 è stato assegnato a Sevana Holst, supportato da Silentartexplorer). Il percorso che fa l’artista in residenza è fondamentale non solo per trovare nuove fonti di ispirazione ma anche per imparare le nuove tecniche di lavoro oggettivo, le skill applicate al processo della creazione delle opere, attraverso uno scambio di esperienze e prospettive tra diversi artisti in un ambito informale.

Il premio Cash Prize (del valore di 1.500€) verrà assegnato da una giuria esterna tramite la piattaforma digitale Artsted. Per quale motivo avete deciso di affidarvi ad una piattaforma digitale? Pensate che questo possa favorire un nuovo punto di incontro tra arte, tecnologia e mercato?
Maryna Rybakova – La scelta di collaborare con più realtà possibili per espandere il nostro reach è anche una scelta strategica, non solo curatoriale. ReA! Art Fair è stata da sempre immaginata come il punto di riferimento per la realizzazione dei progetti più complessi e ambiziosi che abbiamo immaginato come gruppo. Quindi accogliamo sempre con piacere tutte le collaborazioni che hanno come finalità la promozione e il sostegno degli artisti con i quali lavoriamo: sommando le forze si è sempre più efficaci. Inoltre, come scelte curatoriali abbiamo da sempre accolto una pluralità dei generi, mai escludendo quelli digitali – la collaborazione con una piattaforma che agisce in quell’ambito è anche nata a causa di necessità tecniche: per esporre l’arte digitale c’è bisogno di avere dietro un forte sostegno a livello di display, da quel punto di vista Artsted agisce anche come realtà che presta questo tipo di assistenza. Noi crediamo fortemente nella tecnologia come strumento dello sviluppo del mercato dell’arte, per questo abbiamo sin dalla seconda edizione della fiera, puntato anche sul fenomeno di “virtual viewing room”, in collaborazione con Artland, un altro dei nostri partner tecnologici.
A cura di Giulia Moscheni e Chiara Ravasio