Tra Neoismo e Plagiarismo, il Complotto di Tirana intraprese una strategia personale di sovvertimento del sistema, evidenziando i network dell’arte, sia quello ufficiale che quello antagonista.
Dopo aver narrato i fatti che si svolsero nel 2001, nel contesto del cosiddetto Complotto di Tirana, si potrebbe pensare che questo avvenimento sia stato fine a sé stesso. Pur avendo suscitato il giusto scandalo, i suoi protagonisti sono tornati alle loro vite di sempre: Giancarlo Politi è rimasto direttore di Flash Art, Oliviero Toscani (quello vero) ha continuato la sua carriera senza stravolgimenti, e Marcelo Gavotta & Olivier Kamping sono rimasti un nome inventato per una persona – o più persone – sconosciute che non hanno mai rivendicato il gesto. Il Complotto di Tirana potrebbe essere quindi stata una parentesi, un intermezzo, un evento isolato che non ha neanche conquistato un posto d’onore all’interno della storia dell’arte. Ma non è propriamente così. Il complotto di Tirana segna infatti un’importante tappa all’interno di un’altra storia dell’arte. Una storia dell’arte parallela, che non viaggia nei canali ufficiali di sistema e che, pur avendo delle solide basi nei ready-made, in Fluxus e in altre pratiche avanguardistiche ampiamente storicizzate, stenta ad apparire nello studio accademico e non: l’arte del networking (Tatiana Bazzichelli, Networking, La rete come arte, 2006). Networking significa
creare reti di relazione, per la condivisione di esperienze e idee in vista di una comunicazione e di una sperimentazione artistica in cui emittente e destinatario, artista e pubblico, agiscono sullo stesso piano.
Tatiana Bazzichelli, Networking, La rete come arte, 2006
Queste pratiche si sono sviluppate attraverso progetti che condividevano idee politiche, culturali e artistiche e che si basavano sul comune principio della libertà di espressione, in più di vent’anni di sperimentazione e attraverso l’uso alternativo dei nuovi media e in particolare di Internet. Pur componendosi di una molteplicità di pratiche, difficili da raggruppare e da storicizzare (cosa che sottolinea anche il successo degli obbiettivi delle stesse, non volendo mai allinearsi al sistema “storicizzante” e spesse volendo criticarlo), si tenta qui di identificare quelle che possono essere state le ispiratrici del Complotto di Tirana, le cui istanze viaggiano tra Neoismo e Plagiarismo.
Neoismo
«Il Neoismo non esiste» (Introduzione di Simonetta Fadda a Stewart Home, Neoismo e altri scritti, Idee critiche sull’avanguardia contemporanea, 1995). E se a dichiarare questo è il neoista tENTATIVELY, questa affermazione già denota una certa inclinazione a contestare il concetto di identità. «Il Neoismo è un prefisso internazionale più un suffisso, senza niente in mezzo. […] E’ una pura invenzione dei suoi nemici, gli antineoisti» (Introduzione di Simonetta Fadda a Stewart Home, Neoismo e altri scritti, Idee critiche sull’avanguardia contemporanea, 1995). Questo movimento, ideato a partire dal 1979 dall’identità multipla Monty Cantsin a Montreal (Canada) e Baltimora (USA), si esprime attraverso pratiche artistiche e sperimentazioni con i media che abbracciano una filosofia ben definita: collettivizzazione di pseudonimi, messa in discussione del concetto di identità, appunto, e la realizzazione di paradossi, fakes e pranks (Tatiana Bazzichelli, Networking, La rete come arte, 2006). All’arrivo del Neoismo in Italia, principalmente attraverso i testi dell’inglese Stewart Home, la ricezione di questi ultimi venne reputata controversa da altri neoisti, i quali erano più inclini a non definire e non storicizzare il movimento, per non creare forme di appartenenza. Anche se Marcelo Gavotta e Olivier Kamping non si sono mai dichiarati neoisti (dato che non presero mai effettivamente la parola), sono evidenti le somiglianze tra l’azione dei “due” e le pratiche neoiste, essendosi esse poi mescolate con il plagiarismo.

Plagiarismo
Le pratiche neoiste sono confluite nei Festival del Plagiarismo, vere e proprie manifestazioni di idee e progetti legati dalla critica radicale al concetto di “artista” e di arte in generale.
Ipotesi di fondo è che l’artista non debba essere visto come fosse un genio unico; è questa una visione di origine romantica inadeguata a testimoniare della realtà contemporanea. Contro questa idea e visione “borghese” dell’arte, la tesi ufficiale che è stata contrapposta è stata quella di leggere nella pratica plagiarista, nella clonazione e nel “deturnamento” del senso l’unica valida alternativa.
Decoder, Decoder on tour-Festival on plagiarism – Glasgow 4-11 agosto 1989” 1990
Lo stesso termine plagiarism venne coniato da Stewart Home rielaborando il concetto situazionista di Guy Debord, détournement, ovvero «l’atto di sovvertire forme comunicative quotidiane […] appropriandosi del segno linguistico per realizzare una “sovrascrittura semiotica”, isolandolo e inserendolo in un contesto altro» (Tatiana Bazzichelli, Networking, La rete come arte, 2006). Un concetto ampio quindi, del quale collettivi e artisti neoisti si sono serviti per portare avanti azioni di critica al sistema e di decostruzione dell’idea stessa di artista.

Il “fantasmi” del Complotto di Tirana
Avendo brevemente delineato i precedenti della beffa e le istanze ideologiche comuni all’azione di Marcelo Gavotta e Olivier Kamping, i due (o più) meritano anche il riconoscimento di aver applicato in modo personale tali istanze. Pur avendo simulato un’azione di networking artistico, non hanno poi approfittato della rete che loro stessi avevano creato. «Hanno agito come dei virus nel network dell’arte ufficiale, ma non hanno cercato di trarre beneficio partecipando nel network “antagonista» (Tatiana Bazzichelli, Networking, La rete come arte, 2006). Questa sottile differenza con il passato delinea i loro gesti come ancora più radicali: si avvicinano ancor di più ad azioni sovversive di stampo più politico-sociale. Da qui la necessità di rimanere in incognito, anche per far fronte alle azioni legati intraprese dal vero Oliviero Toscani. I due rimangono “cyber-fantasmi”, che utilizzano sia le pratiche antagoniste del networking plagiarista, sia dimostrano quanto anche l’arte di sistema sia basata su un network: un sistema di relazioni capace di stabilire legami funzionali a mantenere in vita le strategie di mercato, le relazioni di potere e le amicizie “ai piani alti”. Denunciando il sistema di “corruzione” morale dell’arte, il Complotto di Tirana risulta essere «il riflesso di un’epoca che ha smesso di farsi domande e che può sostituire una faccia a un’altra, basta che abbia i contatti giusti e l’arroganza giusta quando serve» (Tatiana Bazzichelli, Networking, La rete come arte, 2006).
Stella D’Argenzio