GIOTTO E IL NOVECENTO: Le influenze del maestro toscano al Mart di Rovereto

Giotto e il Novecento è la mostra che celebra i primi vent’anni del Mart di Rovereto. Aperta l’8 Dicembre 2022, rimarrà visitabile fino al 1° Maggio 2023. L’esposizione, nata da un’idea di Vittorio Sgarbi e curata da Alessandra Tiddia, si propone di raccontare quanto la pittura di Giotto di Bondone sia stata fondamentale per l’arte del XX secolo e per gli artisti contemporanei.
La mostra si apre con un’installazione immersiva: la ricostruzione digitale della cappella degli Scrovegni di Padova. Opera straordinariamente innovativa per realismo, espressività e senso dello spazio, che anticipa un linguaggio figurativo che fiorirà solo un secolo più tardi. Essa è considerata punto di partenza essenziale di questa esposizione in quanto modello imprescindibile per tutti quegli artisti che l’hanno visitata, e sono rimasti affascinati dal blu oltremare della volta stellata, dalle architetture e dalle figure che Giotto dipinge con un nuovo senso plastico.

Ricostruzione digitale della Cappella degli Scrovegni di Padova, basata su immagini in altissima risoluzione realizzate dall’Università di Padova e messe a disposizione dai Musei Civici. Credits Alice Giorato

La mostra si divide in sette sezioni tematiche che ripercorrono il dialogo con l’arte del maestro toscano. Più di duecento opere in cui si rintraccia la grande lezione giottesca: la rivelazione trascendente e la capacità di dare forma all’invisibile.
Uno dei primi ad instaurare un dialogo con la sua opera è Carlo Carrà, nelle cui tele si possono osservare evidenti affinità formali con la pittura di Giotto. Lo stesso vale per i lavori di Mario Sironi e Arturo Martini; il rapporto di Giorgio de Chirico con il maestro toscano riguarda, invece, le atmosfere metafisiche delle sue costruzioni architettoniche.

Exhibition view: prima sezione espositiva. In primo piano: Arturo Martini, La moglie del poeta, 1922, Mart, Rovereto. Credits Alice Giorato

Alla cappella degli Scrovegni di Padova si è ispirato anche Henri Matisse, per il quale il ritmo, la semplicità e il colore dovevano stimolare il piacere dei sensi. In generale, tutto il Novecento è caratterizzato da una grande attenzione verso la semplicità e verso valori immediati e plastici. La mostra tenta, perciò, di relazionare e rendere evidenti questi caratteri attraverso le opere degli artisti esposti. L’apice di questo processo viene raggiunto dall’astrazione del blu di Yves Klein, che lui stesso dichiara di aver elaborato a seguito della sua visita alla basilica di San Francesco, ad Assisi. Il blu è il colore dell’assoluto e dell’infinito, uno spazio ultraterreno sul quale si affacciano anche le tele bucate di Lucio Fontana. Un colore capace di rendere visibile l’invisibile, proprio come nelle opere di Mark Rothko e di Fausto Melotti, in cui il colore apre ad una spazialità indefinita e fluttuante, facendo diventare il pigmento materia quasi palpabile.

Exhibition view: settima sezione espositiva. In primo piano: Yves Klein, Globe terrestre bleu (RP7), 1957, Collezione Dematteis, Torino. Credits Alice Giorato

L’esposizione si chiude con l’opera Thyco Blu di James Turrell: una stanza immersiva in cui il colore blu diviene luce, esprimendo una dimensione trascendente che dialoga perfettamente con l’arte di Giotto. Questa installazione dimostra come la potenza ispiratrice del pittore trecentesco non sia ancora esaurita.
La mostra si presenta quindi come indagine innovativa ed accurata dell’eredità trasmessa da Giotto, maestro che rivoluzionò la pittura medievale e che, secondo gli storici dell’arte, inaugurò l’era moderna.

Alice Giorato

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