Un amichevole incontro di box: Basquiat × Warhol, à quatre mains alla Fondazione Louis Vuitton di Parigi

Consacrati nell’olimpo degli artisti del XX secolo Jean-Michel Basquiat e Andy Warhol si ritrovano a Parigi per una grande mostra che ripercorre le relazioni umane e artistiche della New York degli anni ’80.
Dopo la grande mostra dedicata a Jean-Michel Basquiat nel 2018, la Fondazione Louis Vuitton di Parigi continua ad approfondire la parabola dell’artista inaugurando una grande mostra sul corpus di 160 opere realizzate a quattro mani con Andy Warhol. Il 5 aprile ha aperto Basquiat × Warhol, à quatre mains, una grande esposizione sviluppata sui quattro piani della Fondazione che ripercorre la corta ma molto produttiva collaborazione durata due anni, dal 1983 al 1985. I due si incontrarono grazie al collezionista e amico comune Bruno Bischofberger: da subito cominciarono a collaborare ad una serie di opere insieme a Francesco Clemente, di cui la mostra ne presenta dieci. Quando nel 1984 Warhol spostò il suo studio, The Factory, in una nuova sede sulla trentatreesima strada di New York, lo spazio precedente diventò un luogo per esplorare la collaborazione: dipingevano quasi ogni pomeriggio, l’intesa era così forte da non lasciare spazio a domande e modifiche creando le tele completamente insieme, a quattro mani. La maggior parte delle volte era Warhol che cominciava a dipingere, riprendendo i pennelli che aveva abbandonato alla metà degli anni ’60 in favore della serigrafia. Grazie ad un proiettore preparava lo sfondo e i motivi che poi avrebbe usato Basquiat. La creazione di un nuovo linguaggio visivo comune si basava su una collaborazione totale e appassionata: Basquiat a volte dipingeva con la tela sul pavimento mentre la parete era occupata da Wharol. Le annotazioni sui taccuini di Warhol fanno trapelare che l’artista considerava migliori le opere in cui la fusione degli stili era stata talmente forte da non permettere la distinzione delle due mani, come in Felix the Cat o 6.99. Oltre a testimoniare la quasi unione formale dei due artisti, queste tele proponevano timoli visivi del quotidiano e allo stesso tempo facevano riferimento a temi intimi e personali, come in questo caso il rapporto con il corpo e le intimidazioni razziali subite da Basquiat. Pentimento e cicatrici si mescolavano alle stimmate sociali, ibridate e mescolate in una perfetta fusione formale attraverso la pittura.

Jean-Michel Basquiat, Andy Warhol, 6.99, 1985, acrilico e olio su tela, 297 x 410 cm, courtesy Nicola Erni Collection, © The Estate of Jean-Michel Basquiat. Licensed by Artestar, New York. © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, Inc./ Licensed by ADAGP, Paris 2023, foto di Reto Pedrini Photography

Box “a quattro mani”

Per consacrare la collaborazione venne organizzata una mostra presso la Galleria Tony Shafrazi di New York per l’ottobre del 1985. Come locandina promozionale, i due pensarono ad un’iimagine rappresentativa presa da una serie di foto realizzate da Michael Halsband il 10 luglio 1985. Gli iconici scatti, a cui un’intera sezione della mostra è dedicata, rappresentano i due, intenti in un fittizio incontro di box, vestiti con pantaloncini e guantoni alternandosi tra serietà e risate. La foto scelta per la locandina passerà alla storia come simbolo del duo che dopo la mostra del 1985 smise di collaborare.

Michael Halsband, Andy Warhol and Jean-Michel Basquiat #3 July 10 1985, 1985, stampa alla gelatina d’argento, stampa 2022, 152,4 x 121,92 cm, courtesy Michael Halsband

Anche se non realizzarono altre opere insieme, il rapporto dei due continuò, come testimoniano le fotografie e gli oggetti racchiusi nelle Time capsules di Andy Warhol. In una piccola sala rotonda della mostra vengono dispiegati tutti gli oggetti legati a Basquiat che Wharol aveva ossessivamente conservato, così come le foto che aveva scattato negli anni vissuti insieme. Lettere, scarpe, fiammiferi, cartoline: la lontananza fisica dei due non aveva interrotto la vicinanza intellettuale. 

Sfida a colpi di ritratto 

Fanno parte del corpus di opere anche ritratti fatti non a quattro mani ma l’uno all’altro: testimonianza dei diversi modi di vedere e rappresentare, i ritratti riassumono gli elementi tangibili poi nei dipinti a collaborativi. Come racconta Bruno Bischofberger, consulente speciale per l’esposizione, tutto cominciò nel 1982 con il ritratto di entrambi fatto da Basquiat intitolato Dos Cabezas: da una parte Warhol con il mento appoggiato sulla mano, dall’altra Basquiat con i capelli arruffati come li portava al tempo.

Jean-Michel Basquiat, Dos Cabezas, 1982, acrilico e olio su tela su telaio in legno, 152,4 × 152,4 cm, Courtesy Gagosian © The Estate of Jean-Michel Basquiat, Licensed by Artestar, New York
© Robert McKeever

Il più stupito di tutti fu Warhol che dichiarò: “Sono veramente geloso, è più veloce di me”, e si mise a progettare un ritratto per Basquiat. Il risultato fu un ritratto del collega con la sua pettinatura selvaggia, serigrafata su uno sfondo uguale a quello delle Oxidations o Piss Paintings del 1978. Basquiat però non si fermò lì, realizzando altri due ritratti, il primo del 1984, intitolato Brown Spots che rappresentava Andy sotto forma di banana e il secondo tra il 1984 e il 1985, dove indossa occhiali e una grande parrucca bianca, rappresentato come bodybuilder con un bilanciere per ogni mano.

Jean-Michel Basquiat, Brown Spots (Portrait of Andy Warhol as a banana), 1984, acrilico e olio su tela, 193 × 213 cm, Courtesy Galerie Bruno Bischofberger, Männedorf-Zurich, Suisse © The Estate of Jean-Michel Basquiat. Licensed by Artestar, New-York.

La New York degli anni ’80 fremeva per personaggi come Warhol e Basquiat: una grande sezione della mostra è dedicata alla ricezione del duo, al contesto in cui operarono e ai rapporti di amicizia intessuti con altri artisti, intellettuali e musicisti dell’epoca. Keith Haring scrisse nel 1988 una testimonianza della collaborazione artistica ma anche personale dei due: «Le loro personalità si completavano a vicenda. Jean era aggressivo e diretto, mentre Andy era timido e educato. Jean aveva l’audacia di fare quello che voleva, dove voleva, e ad Andy piaceva guardare. Era una forma meraviglioso di dare e avere che ha permesso a tutti di realizzare i propri desideri segreti.» (Keith Haring, Painting the Third Mind, 1988). Visitabile fino al 28 agosto, la mostra è un ambiente vivace e tortuoso, pieno di simbologie e rapporti umani, che permette allo spettatore di immergersi in un tempo altro e lontano, accompagnato da due strambi amici.

Stella d’Argenzio

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