L’ARTE DI COMPORTARSI MALE. L’ATTIVISMO DELLE GUERRILLA GIRLS.

Le opere del celebre collettivo statunitense continuano a trasmettere messaggi estremamente attuali da quasi quarant’anni.

Foto delle Guerrilla Girls, Courtesy of Jack Mitchell, 1990

“Se escludete le donne, esse s’indignano”. Nell’opera del 2018 If you keep women out they get resentful, le Guerrilla Girls, collettivo attivo in ambito sociale formatosi negli anni Ottanta, riprendono un passaggio di Confucio. La frase di questo poster ingloba perfettamente l’attività delle artiste statunitensi: colme di rabbia e risentimento per il carattere elitario del mondo dell’arte e della cultura in generale, il gruppo newyorkese ha fatto del “comportarsi male” il proprio vessillo. Mascherate da gorilla in modo da mantenere l’anonimato, i loro primi interventi sono stati una serie di manifesti dall’umorismo tagliente che mirano a criticare l’esclusività del sistema dell’arte nei confronti delle donne, ma anche di minoranze sociali. In tal senso, una delle opere recenti più interessanti è History of wealth and power (2016). Essa, infatti, rimarca il pericolo odierno che i musei riducano l’arte ad una ristretta cricca di artisti, idolatrati da famose figure istituzionali: se gli autori esposti non rappresentano la diversità che i musei stessi si vantano di accogliere, allora non si sta mostrando la storia dell’arte, ma la storia del potere e della ricchezza.

Guerrilla Girls, If you keep women out they get resentful, Courtesy of Guerrilla Girls, 2018
Guerrilla Girls, History of wealth and power, Courtesy of Guerrilla Girls (Londra), 2016

La dedizione nello svelare la falsa meritocrazia di cui si sono sempre fregiati musei, gallerie, critici e collezionisti e, in generale, l’impegno del collettivo nel denunciare i bias presenti in ogni ambito culturale, sono stati di ispirazione in tutto il globo, arrivando a comprendere oltre sessanta personalità aderenti al progetto delle Guerrilla Girls – donne cisgender e transgender, dai diversi orientamenti sessuali e con differenti retroterra etnici, anagrafici e di classe. Il loro femminismo è di stampo dichiaratamente intersezionale e pone, dunque, l’attenzione su tutte le discriminazioni che si “intersecano” in ogni singola donna, non solamente sull’oppressione di genere. Tuttora l’enorme quantità di mostre, pubblicazioni e traduzioni in molteplici lingue dei manifesti dimostra che la loro mission è di estremo rilievo.

Guerrilla Girls, These galleries show no more than 20% women artists or none at all (recount), Courtesy of Guerrilla Girls, 2014
Guerrilla Girls, How many women had one-person exhibitions at NYC museums last year? (recount), Courtesy of Guerrilla Girls, 2015

I poster prodotti dal collettivo statunitense nel corso dei quasi quarant’anni di attività sono ancora di sorprendente attualità, in quanto, nonostante i timidi cambiamenti avvenuti nella società dagli Ottanta ad oggi, la maggior parte delle questioni messe in luce dalle artiste continuano a versare in uno stato insoddisfacente. Uno dei punti di maggiore forza delle Guerrilla Girls è, infatti, la ripresa di opere realizzate agli albori della loro carriera, nelle quali vengono attuati degli aggiornamenti circa le situazioni analizzate in passato. Un caso significativo è costituito dai Recount realizzati fra il 2014 e il 2015: il “ricalcolo” delle presenze artistiche femminili nelle gallerie newyorkesi ha dimostrato come, nell’arco di trent’anni, la percentuale si sia alzata solamente del 10%, mentre nei musei principali della Grande Mela i dati riguardanti le personali annue di artiste continuano ad essere desolanti.

Guerrilla Girls, Do women have to be naked to get into the Met. Museum?, Courtesy of Guerrilla Girls, 1989
Guerrilla Girls, Do women have to be naked to get into music videos while 99% of the guys are dressed?, Courtesy of Guerrilla Girls, 2014

Il manifesto più celebre delle Guerrilla Girls, Do women have to be naked to get into the Met. Museum? (1989), è stato soggetto a ricalcoli e rielaborazioni a più riprese. La denuncia alla misoginia delle collezioni del Metropolitan Museum – le quali vedevano una raggelante superiorità numerica di autori uomini e al contempo una schiacciante maggioranza di soggetti nudi femminili – è stata aggiornata nel corso degli anni nelle percentuali. Inoltre, il famoso poster è stato spesso ricontestualizzato sulla base dei diversi spazi espositivi con la medesima problematica del MET o su fenomeni esulanti il mondo dell’arte. Un’interessante riproposizione è costituita da Do women have to be naked to get into music videos while 99% of the guys are dressed?, realizzata nel 2014 in occasione della mostra curata dal musicista Pharrel Williams, “G I R L”, tenutasi alla Galerie Perrotin di Parigi.  Nel poster viene citato con uno still il video musicale di Blurred Lines, canzone di Robin Thicke eseguita in collaborazione con T.I. e lo stesso Williams. Nel videoclip i cantanti, attorniati da ragazze che danzano completamente svestite, sono abbigliati dalla testa ai piedi. L’aspra critica all’oggettificazione del corpo femminile è quindi rivolta a qualsiasi medium, non solamente all’arte figurativa.

Guerrilla Girls, The anatomically correct Oscar, Courtesy of Guerrilla Girls, 2002
Guerrilla Girls, The anatomically correct Oscar (update), Courtesy of Guerrilla Girls, 2016

Le dure denunce delle Guerrilla Girls inglobano, dunque, ogni ambito della cultura, tra cui il cinema. In The anatomically correct Oscar (2002) è stata, infatti, rappresentata la statuetta androgina degli Academy Award: un uomo di carnagione bianca. I dati riportati nel manifesto originale si riferiscono alla disparità di trattamento nella scelta dei vincitori degli Oscar riservata a donne e a persone di etnia non caucasica, mentre nel 2016 la medesima opera è stata aggiornata, concentrandosi sulla discriminazione etnica. Non sorprende la scelta di tale operazione, in quanto il collettivo newyorkese si è sempre dimostrato sensibile alle istanze più urgenti e negli ultimi anni la discussione sulla questione etnica negli Stati Uniti si è fatta spazio nei media con considerevole vigore. Nel recente periodo, infatti, le Guerrilla Girls si sono dedicate ad opere riguardanti argomenti di attualità del proprio Paese, tra cui l’abolizione da parte della Corte Suprema della sentenza Roe v. Wade (1973) sul diritto di aborto, avvenuta nel giugno del 2022.

Foto di due Guerrilla Girls in occasione della mostra Guerrilla Girls: is it even worst in Europe? (Whitechapel Gallery, Londra, 1 ottobre 2016 – 5 marzo 2017), Whitechapel Street, Londra, Courtesy of David Parry, 2016

Nonostante i deboli risultati ottenuti, come testimoniato dalle numerose rielaborazioni di opere passate, le Guerrilla Girls non smettono di indignarsi e “comportarsi male”. Il loro successo globale è sintomo di una società che, aldilà delle resistenze reazionarie, vuole progredire verso un mondo più inclusivo, in cui la rappresentazione delle molteplici identità esistenti è fondamentale. “Il nostro lavoro non è finito […] arrabbiatevi e continuate a combattere. Il lamentarsi creativo funziona!”, così il collettivo newyorkese chiude l’introduzione della loro recente monografia (Guerrilla Girls, Guerrilla Girls. The Art of Behaving Badly, San Francisco, Chronicle Books, 2020). La strada da fare è ancora lunga, ma una cosa è certa: le Guerrilla Girls saranno sempre in prima linea a battersi per un orizzonte culturale più equo.

Greta Cavalli

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