Trova Banksy – Episodio 4: Intruso

People often ask whether graffiti is art, well it must be now – it’s been hanging in the Tate.

Le persone spesso chiedono se i graffiti sono arte, beh sicuramente lo sono ora – sono appesi sui muri della Tate.”

Banksy al Guardian, 18 Ottobre 2003

Tra il 2003 e il 2005 Banksy si dedica a una serie di “scherzi” molto audaci, sfidando direttamente i musei. Il misterioso writer è sempre stato critico nei confronti dell’istituzione museale, palesando le proprie antipatie attraverso alcuni interventi (ancora fuori dal museo) nei quali utilizza la scritta “MIND THE CRAP” (trad: attenti alla merda), citando uno degli slogan londinesi più popolari “MIND THE GAP” (trad: attenti al buco), creato per avvisare i viaggiatori di fare attenzione al “buco” tra la metropolitana e la banchina. Banksy lo riadatta alle sue esigenze, avvertendo i visitatori dei musei di “stare attenti alla merda” a cui stanno per andare incontro.

Banksy, Mind The Crap, sulle scale del museo Tate Britain, Londra, 2002 tratta da Extencilism (2002)

La prima incursione museale risale al 17 Ottobre 2003. Un giovane Banksy si intrufola nella Tate Britain e appiccica al muro un quadro intitolato Crimewatch UK Has Ruined the Countryside For All of Us. Il writer ha recuperato il dipinto in un mercatino di strada londinese per poi riprodurre su di esso, attraverso la tecnica dello stencil, il nastro tipicamente usato della polizia che ci impone a “non oltrepassare”.

Banksy, Crimewatch UK Has Ruined the Countryside For All of Us, Tate Britain, Londra, 17 ottobre 2003, tratto da Wall and Piece (2007)
Didascalia del quadro “Crimewatch UK Has Ruined the Countryside For All of Us”, tratto da Wall and Piece (2007)

Lo “scherzo” del misterioso writer è così potente che il significato dell’opera passa quasi in secondo piano. La retorica di Banksy risulta pesantemente in contrasto con l’audacia dei suoi gesti. Il messaggio dell’opera, si perde in favore di un gesto più potente e teatrale che mette in risalto un altro fatto: in un museo, lo spazio vuoto fra un quadro e l’altro è molto più interessante dei quadri stessi. I muri di un museo sono per noi semplici muri, ma per Banksy no. “Quando sei al chiuso e vuoi sopravvivere come graffitaro la tua unica opzione è, anche lì, continuare a imbrattare sopra cose che non ti appartengono”. Ecco come questi vuoti diventano uno spazio da conquistare, in cui mettere qualcosa che, a differenza della quasi totalità degli allestimenti permanenti, ci invita a “giocare”, a “muoverci”, a metterci in discussione.

Banksy nel 2004 al Louvre appende una Monnalisa rivisitata, tratta da Wall and Piece (2007)

In questo quarto episodio di Trova Banksy, il detective Rigsby è coinvolto nell’incursione al British Museum avvenuta nel Maggio 2005, uno degli interventi più duraturi dell’anonimo writer all’interno di un museo. Se tutti gli altri hanno infatti avuto una durata media di poche ore, questa volta furono necessari tre giorni interi prima che qualcuno se ne accorgesse, e ciò è avvenuto solo dopo che Banksy stesso ne fece menzione sul suo blog dichiarando che la prima persona che si fosse fotografa accanto alla sua opera nascosta nel British Museum avrebbe ricevuto in premio un suo dipinto originale di un carrello. L’opera clandestina dal titolo “Peckham Rock” è una roccia con sopra disegnato, in maniera stilizzata e grezza, un uomo con un carrello della spesa intento a cacciare un bisonte ferito da frecce. A seguito dell’annuncio sul blog della “caccia al tesoro”, il museo prese immediatamente provvedimenti chiudendo l’area e rimuovendo l’opera.

Come per le altre incursioni museali di Banksy, il senso di “Peckham Rock” sprofonda dietro il gesto plateale, benché la lunga permanenza dell’opera nelle sale del museo fa affiorare un ulteriore significato.Sulle pagine dedicate alla Peckham Rock in una riedizione della sua celebre trilogia, Banksy aggiunge un commento: “la TV ha fatto perdere di senso il teatro, la fotografia ha praticamente ucciso la pittura, ma i graffiti rimangono intoccati dal progresso”. Non esiste mezzo tecnologico che al giorno d’oggi possa sostituire l’arroganza, la prepotenza e l’istinto di prendere in mano un pennarello o una bomboletta e scrivere lì dove non è permesso. Fermatevi un secondo. Provate a pensare in quale modo il progresso potrebbe privarci di questo potere o almeno indebolirlo… anzi no, non lo fate… anzi si, tanto poi qualcuno troverà il modo di scriverci sopra.

Eduardo Mattiozzi

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