Nel XX secolo Augusta Ghidiglia, storica dell’arte nata a Roma l’11 giugno 1904 e morta a Casalmaggiore il 23 marzo 1988, fu una presenza decisiva per il suo apporto all’aggiornamento storico-critico dell’arte emiliana del 1500. Si deve alla studiosa la promozione di interventi di tutela, di conservazione e di restauro per opere d’arte di elevata importanza, come un’intensa produzione di scritti e di articoli, molti dei quali su Correggio e Parmigianino.
La scelta da parte di Ghidiglia, d’intraprendere una vita dedita alla storia dell’arte, sembra sia avvenuta nel 1926, quando si laureò in Lettere con tesi storico-artistica presso l’Università di Roma e divenne docente di Storia dell’arte nei licei di Roma e di Napoli. L’anno seguente, nel 1927, proseguì la sua formazione alla Scuola di perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna dell’Università “La Sapienza”, seguendo i corsi di Adolfo Venturi e di Pietro Toesca. Fu in questo periodo che avvenne l’incontro tra la studiosa e Armando Ottaviano Quintavalle, anch’egli allievo della Scuola, con il quale si sposò il 19 agosto 1929.
Il fil rouge nella carriera di Ghidiglia è stato l’interesse per l’arte emiliana, alla quale si avvicinò nel 1929 durante il viaggio di perfezionamento tra Parma, Modena e Ravenna. Il 17 giugno 1930 ottenne il diploma di perfezionamento, discutendo una tesi su Giovanni da Udine e presentando uno studio su San Pietro a Ferentillo.

il restauro degli affreschi del Correggio nella cupola della chiesa di San Giovanni Evangelista
di Parma, (maggio 1962), photo credit Accademia degli incerti.
Come la stessa Ghidiglia scrisse in una lettera a Giuliano Briganti del 18 Novembre 1971, i primi anni della sua carriera non furono privi di incertezze e di complicazioni. Nel 1934, sebbene avesse vinto il primo posto in graduatoria al concorso per ispettore presso l’amministrazione delle Antichità e Belle Arti, non ottenne alcun incarico a causa dell’assenza di posti disponibili per le donne.
Gli incarichi iniziali che ottenne, come salariata e avventizia, riguardavano la catalogazione di oggetti artistici di varia tipologia. Nel 1935, prima prese servizio alla Galleria Estense di Modena, dove catalogò avori, piccoli bronzi e sculture, mentre dal dicembre 1935 fu trasferita alla Galleria Nazionale di Parma, presso la quale svolse compiti ispettivi, catalogando anche disegni e stampe. In quest’ultima sede, Ghidiglia, collaborando con Armando Ottaviano Quintavalle, si occupò della revisione dei dipinti di proprietà della Galleria in prospettiva del suo riordino museografico.
Dal 17 aprile 1936 Ghidiglia prese servizio presso il Museo di Antichità di Parma, dove ebbe l’incarico di registrare oggetti d’arte medievale e moderna.
Due anni più tardi, il 28 luglio 1938, la studiosa ottenne la direzione della Galleria Estense di Modena, un passaggio importante per la sua carriera, la quale però ancora una volta fu ostacolata a causa delle discriminazioni razziali che la esonerarono dall’incarico dal gennaio 1939 fino al 1945.
Malgrado questa sospensione dal lavoro, l’azione di Ghidiglia, a favore della salvaguardia delle opere d’arte, continuò con grande coraggio e determinazione durante il periodo bellico. In quegli anni complessi, Ghidiglia – grazie all’utilizzo di nome e documenti falsi che le consentirono di rimanere in Italia – si occupò insieme a Quintavalle dell’occultamento e della tutela del patrimonio artistico di Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Modena custodito nel Castello di Torrechiara, presso Parma.
Una volta riabilitata la sua posizione professionale, curò la catalogazione delle opere d’arte della provincia di Parma e seguì la ricostruzione della Galleria Nazionale della città, riaperta al pubblico nel 1948 con la mostra Dipinti noti e ignoti.
Solamente negli anni Cinquanta la studiosa riuscì a ottenere il ruolo d’ispettrice, l’incarico per cui aveva svolto e vinto il concorso nel 1934, ma che fino ad allora non aveva potuto ricoprire. Dal 1951, lavorò con quella carica al Museo d’Antichità di Parma, dal 1957 alle Gallerie di Modena e di Reggio Emilia, infine, dal 1960 fino al 1967 ebbe l’incarico presso le Gallerie Nazionali di Parma e di Piacenza. Qualche anno più tardi, dal 12 giugno 1973 al 31 maggio 1974, Ghidiglia, grazie al conseguimento della qualifica a dirigente superiore, diresse la Soprintendenza delle Gallerie di Firenze e di Pistoia.

Chiesa di San Giovanni Evangelista, Parma (1965).
Il periodo del dopoguerra per la studiosa fu particolarmente prolifico, in quanto la sua attività come ispettrice si intrecciò ad altre mansioni, una tra queste fu quella di bibliotecaria all’Università di Parma nel 1951, ma quelli furono anni importanti anche per le ricerche volte a un recupero delle opere d’arte dimenticate o sconosciute e per gli studi che la portarono a pubblicare una serie di articoli storico-artistici sulla «Gazzetta di Parma» e su altre testate giornalistiche di rilievo, come «Il Mattino» e la «Gazzetta del Popolo».
Negli anni Sessanta l’apporto della studiosa fu consistente in materia di tutela, di valorizzazione e di salvaguardia delle opere d’arte per la promozione di campagne di restauro, per la prosecuzione dei suoi studi con la volontà di perseguire un aggiornamento critico e per vari rinvenimenti di inediti. Inoltre, dal 1961 al 1971, si occupò della realizzazione di mostre d’arte per la serie Arte in Emilia, curandone i relativi cataloghi.
Da alcuni scritti della studiosa (ad esempio in Sebastiano Ricci a Parma ritrovata e da ritrovare in Studi di storia dell’arte dedicati a Roberto Longhi, 1961) emergono significativi rapporti di collaborazione intrattenuti con storici dell’arte a lei contemporanei, come con Roberto Longhi, che favorirono un aggiornamento negli studi dell’arte parmense.
Il riconoscimento degli studi di Ghidiglia tra gli storici dell’arte del Novecento non si fermò alla sfera nazionale, il suo nome divenne un punto di riferimento anche all’estero, in quanto molte delle ricerche e delle scoperte da lei eseguite instaurarono un dialogo costante e vivace con la comunità scientifica internazionale, soprattutto con quella inglese, nella quale fu attivo Arthur Ewart Popham. Quest’ultimo, storico dell’arte e conservatore al Gabinetto Stampe e Disegni del British Museum di Londra, interessato allo studio dell’arte emiliana, ma soprattutto ai disegni, pose attenzione alle pubblicazioni italiane sull’arte parmense, in particolar modo agli scritti di Ghidiglia.
Elena Barison