Jack Coulter: dal Suono al Colore

Bentornato astrattismo

Iniziamo da una domanda: chi di noi, oggi, si prende il tempo di osservare un quadro per più di qualche manciata di secondi, per scoprirne il significato e riflettere sulle sensazioni che questo ci trasmette? In un mondo in cui tutto va necessariamente di fretta, anche i contenuti visivi tendono a seguire le logiche dell’immediatezza e dell’efficacia, anziché dell’analisi e della riflessione. È lo stesso principio per cui, a ben pensarci, entriamo in un museo pretendendo di vedere, senza realmente osservare, 200 opere in 2 ore. Ciò, abbinato alla sempre più presente sperimentazione digitale in campo artistico (dagli NFT fino all’IA), rende la tela, compagna di tempi andati, un medium eccessivamente accademico, spesso percepito dalle giovani generazioni come distante dalla realtà contemporanea. 
Sembriamo quindi stupirci quando giovani artisti, appartenenti alla generazione del ‘’tutto o niente’’ (e un po’ di tutto) scelgono il medium pittorico tradizionale. Tra questi, un posto di prim’ordine appartiene all’irlandese Jack Coulter, 29 anni, di base a Londra. Nel 2020 il Financial Times lo ha descritto come tra i più popolari artisti emergenti astratti (F. Gavin, Jack Coulter: the painter who sees music in colour, in ‘’Financial Times’’, 2020) e la rivista Forbes, l’anno seguente, lo ha inserito nella sua celebre lista 30 Under 30.

Jack Coulter, Londra, 2022, courtesy of Irish Independent

Il suo stile pittorico, prettamente astratto, è del tutto peculiare: alle lezioni dei grandi artisti del Novecento, primo fra tutti Jackson Pollock, Jack Coulter aggiunge un tratto personalissimo dettato da una specifica condizione neurologica: la sinestesia, ovvero la capacità di percepire gli stimoli sensoriali mediante altri sensi. La pittura astratta, allora, non è solo il mezzo attraverso il quale l’artista sceglie di esprimere e concretizzare gli stimoli percepiti, ma diviene strumento di analisi e riflessione sugli stessi e, allo stesso tempo, porta d’accesso per il pubblico verso un’esperienza intensa e significativa, che si muove sia sul piano universale che su quello individuale.

Musica, sempre tu

La musica, in ogni sua espressione, ha sempre avuto un ruolo fondamentale nell’evolversi delle pratiche artistiche. La correlazione tra immagine e suono è infatti fortissima non solo nella performance o videoarte contemporanea, ma lo è stata anche in passato. La lista è lunghissima: dai virtuosismi romantici di inizio Ottocento all’Arte dei Rumori del futurista Luigi Russolo; dalla rivoluzione de Lo spirituale nell’arte di Vasilij Kandinskij all’influenza della musica jazz su artisti come Jackson Pollock e Jean-Michel Basquiat; dalle sperimentazioni della poesia sonora degli anni Sessanta fino all’impatto della subcultura Hip Hop nel graffitismo.
Nell’astrattismo – forse in misura maggiore – suono e colore procedono a braccetto configurandosi come due facce della stessa medaglia: la trasposizione su un supporto di stimoli, pensieri ed emozioni le quali, seppur apparentemente caotiche, si nutrono della logica e della sensibilità dell’artista. Ora, se aggiungiamo a ciò la particolare e rara condizione neurologica per cui, in maniera del tutto involontaria, uno dei 5 sensi induce una percezione secondaria in un altro, il risultato in termini artistici sarà frutto di un’autenticità invidiabile. 
Jack Coulter, il cui udito e la cui vista, in termini neurologici, si stimolano vicendevolmente, riesce a vedere i suoni trasformandoli, con una qualità viscerale, in colori su tela. 

Jack Coulter, 1994, acrilico su tela, courtesy of Jack Coulter Studio, The Independent

Da bambino, in un parco di Belfast – città in cui è cresciuto – ha sperimentato per la prima volta questa rara condizione: Coulter racconta che, disteso sull’erba, si mise ad ascoltare i rumori provenienti dalle strade tutt’attorno e che, una volta aperti gli occhi, si rese conto di vedere quegli stessi suoni sottoforma di colori, come macchie d’olio che si spargevano sul cielo sopra di lui. Da quel momento, l’esperienza fu costante, senza alcuna interruzione.
Il suo approccio ai colori è acceso, vibrante, a tratti persino violento e, soprattutto, sempre inaspettato: nel momento stesso in cui percepisce, tramite l’udito, un colore, subito raccoglie e mischia tutto ciò che ha a portata di mano, dai pigmenti che lui stesso prepara alla vernice per le pareti, dalle colle colorate ai pastelli, dall’acqua alla vodka, miscelando il tutto con pennelli e spazzolini, ma anche pezzi di vetro e coltelli, tra le altre cose. 

I miei occhi vedono le cose che ho attorno, ma lo fanno anche le mie orecchie (…). È estenuante. Tutto si trasforma automaticamente in colore: ci sono delle volte in cui guardo degli oggetti che assumo delle tonalità tenui, ma se li riguardo un secondo dopo assumono un colore completamente diverso. È un po’ come fissare il sole e poi distogliere lo sguardo, e tutto si è stranamente trasformato

F. Gavin, Jack Coulter: the painter who sees music in colour, in ‘’Financial Times’’, 2020

Dipingere, allora, è un atto che gli permette di gestire positivamente la sua condizione, per controllare ed indirizzare il modo in cui percepisce il mondo esterno, dando senso a quella giostra di emozioni, colori ed immagini in costante movimento nella sua testa.
(Per gli esempi sotto riportati, consigliamo vivamente l’ascolto delle canzoni menzionate). 

Jack Coulter, It Ain’t Necessarily So (Mary Lou Williams), inchiostro e acrilico su tela, Sotheby’s 2022, courtesy of Jack Coulter Studio, Sotheby’s

Mary Lou Williams, It Ain’t Necessarily So, 1963

Da Joni Mitchell a Blondie, da Vivaldi ad Alicia Keys, Coulter non si fa mancare niente perché, come detto, qualsiasi suono per lui ha un corrispettivo visivo. La musica jazz, in particolare, ha avuto un ruolo fondamentale nella vita e carriera dell’artista (così come per molti prima di lui). It Ain’t Necessarily So, dal brano della musicista Mary Lou Williams, è l’opera più minimalista di Coulter. Osservando il dipinto siamo in grado di percepirne il suono, figurativamente rappresentato da lievi e danzanti linee a comporre le variazioni ritmiche tipiche del jazz. Non solo, anche la colonna sonora di una delle serie tv più acclamate (e amate) dal pubblico internazionale, Stranger Things, composta da Kyle Dixon e Michael Stein, diventa immagine: in questo caso, un denso turbinio di miscele rosse e blu, che quasi ribollono sulla superficie della tela. 

Jack Coulter, Kids (Kyle Dixon and Michael Stein – Stranger Things, Vol. 1), 2022, courtesy of Jack Coulter Studio, The Irish Times

Kyle Dixon, Michael Stein, Kids, 2016

Tra gli eventi più eccezionali e d’impatto riguardanti l’artista vale sicuramente la pena citare la performance del 12 aprile 2018. Mentre la London Chamber Orchestra si esibiva alla Cadogan Hall di Londra, Jack Coulter, in una vicina stanza, dipingeva in diretta il Concerto per Violino di Mendelssohn. La tela a terra, i movimenti decisi negli stivali consumati dalla vernice, l’impeto delle tonalità rosa, gialle, blu e viola che accumulavano lentamente strati di pittura volta per volta equivalenti alle note provenienti dalla sala a fianco, con un grande schermo che mostrava al pubblico l’opera nel suo divenire. Mentre il direttore d’orchestra e i musicisti governavano il palcoscenico, l’artista metteva in scena un’altra performance, che aveva il sapore della tragedia greca.

Jack Coulter, Mendelssohn’s Violin Concerto in E Minor, dettaglio, 2018, courtesy of Jack Coulter Studio,  British Vogue

Lo stiamo vedendo scalare tutte le vette: l’aumento esponenziale del seguito sui social; il riconoscimento ufficiale nel sistema commerciale dell’arte, da ultima l’asta online A Song for You (2023) da Sotheby’s; le vendite (e committenze) a personaggi pubblici, brand e musicisti di altissimo livello, da Billie Eilish a Elton John, Alexander McQueen e Anne Hathaway, Christian Dior e Chanel, la rivista Dazed e il celebre Glastonbury Festival. Non mancano, infine, importanti collaborazioni, come quella con il musicista e scrittore irlandese Shane MacGowan, recentemente scomparso, per la realizzazione dell’opera If I Should Fall from Grace (The Pogues) (2023).
Spesso si parla dei suoi dipinti come influenzati dalla condizione sinestetica o, in aggiunta, ispirati dalla musica. Nessuna delle due affermazioni è sbagliata, ma entrambe non centrano il punto. Le sue opere non sono astrazioni o metafore di un soggetto/oggetto, ma soggetto/oggetto loro stesse: l’artista, cioè, dipinge esattamente ciò che vede. L’osservatore che si trova davanti ad un suo dipinto, allora, non dovrebbe chiedersi se ciò che vede sono le emozioni trasmesse all’artista da una specifica canzone o melodia ma, piuttosto, quale canzone quel dipinto sia. È proprio questa l’unicità di Jack Coulter: mostrare, visivamente, la musica. Semplicemente con una forma differente, un medium diverso. Trasportare, in ultima analisi, un fenomeno neurologico su tela, accettandolo non come limite, ma come dono.
Strano, quasi fuori dal circuito: un espressionista astratto nell’era del digitale.
Eppure così autentico, così genuinamente contemporaneo.

Jack Coulter con Candle in the Wind (Elton John), in You can’t Change the Music of your Soul, Sotheby’s 2022, courtesy of Jack Coulter Studio, The Wick

Eva Chemello

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