UN PANDEMONIO ABITATO DA FOLLI. La pittura visionaria di Sergio Padovani

I mondi inquietanti e onirici concepiti dal pittore modenese come testimonianza della angosce e delle paure contemporanee.

Sergio Padovani, Scene misteriose per palazzi tenebrosi, olio, bitume e resina su tela, 250X400 cm, 2020. Courtesy of Fondazione The BankETS – Istituto per gli Studi sulla Pittura Contemporanea

Onirici, inquietanti, visionari. Questi sono alcuni degli aggettivi utilizzabili per definire i dipinti di Sergio Padovani, pittore di base a Modena, dov’è nato nel 1972. Dopo aver operato per anni come musicista, nel 2006 Padovani ha abbandonato i palchi per dedicarsi alla pittura da autodidatta. La sua attitudine sperimentale e meditativa lo rendeva spiccatamente incline all’atto della composizione, mal soffrendo il doversi esibire dinanzi a una platea, e il medium pittorico, in tal senso, si è rivelato salvifico. Pur adoperando una tecnica tradizionale come la pittura, l’artista non ha mai rinunciato alla sperimentazione: nelle sue opere, infatti, contamina l’olio con la resina e il bitume, utilizzando talvolta la tempera. Le sue composizioni fantastiche, prive di qualsivoglia pianificazione e disegno preparatorio, presentano un gusto per la narratività rintracciabile nell’arte medievale e fiamminga. Ci addentriamo, dunque, nel “pandemonio” messo in scena da Sergio Padovani, fatto di mondi complessi, macabri e trasognati, popolati da figure mostruose, folli e allucinate.

Sergio Padovani, Voi, olio, bitume e resina su tela, 180×150 cm, 2021. Courtesy of Fondazione The BankETS – Istituto per gli Studi sulla Pittura Contemporanea
Sergio Padovani, I folli abitano il sacro mentre le notti infieriscono, olio, bitume e resina su tela, 210×160 cm, 2020. Courtesy of Fondazione The BankETS – Istituto per gli Studi sulla Pittura Contemporanea

Quando Padovani, dopo aver impastato i colori, afferra il pennello, non sa quale direzione prenderà il dipinto. Comincia sempre da un soggetto, attorno al quale imbastisce un universo di figure e simboli all’apparenza randomici; eppure, strettamente collegati fra loro. Come in Scene misteriosi per palazzi tenebrosi, opera monumentale di boschiana memoria, ove partendo da una figura rinchiusa in una specie di “bozzolo” ha creato un fitto microcosmo di personaggi e scene tenute assieme da elementi tubolari. La moltitudine di individui e creature peculiari che popolano i suoi lavori ci costringe a fermarci di fronte a essi, analizzarne i dettagli – alcuni realizzati con precisione miniaturistica – e a interrogare l’opera cercando di captare ogni singola storia narrata. Scene misteriose è un dipinto significativo perché può essere visto come un manifesto dell’operato di Padovani – in ogni pezzo egli genera un mondo a sé stante, ma inestricabilmente legato agli altri da una poetica che mira a palesare le angosce e le paure che caratterizzano la società odierna, colma di incertezze e preoccupazioni. Non a caso, uno dei temi cari al pittore modenese è la follia: in I folli abitano il sacro mentre le notti infieriscono ha illustrato in maniera estremamente evocativa tre declinazioni della follia, che consuma in maniera differente i soggetti raffigurati.

Sergio Padovani, La deposizione nera, olio, bitume e resina su tela, olio, bitume e resina su tela, 230X160 cm, 2020 . Courtesy of Fondazione The BankETS – Istituto per gli Studi sulla Pittura Contemporanea
Sergio Padovani, Stelle aperte, olio, bitume e resina su tela, 230×160 cm, 2020. Courtesy of Fondazione The BankETS – Istituto per gli Studi sulla Pittura Contemporanea

È interessante osservare il modo in cui l’artista utilizza iconografie codificate e attinge a un repertorio stilistico cronologicamente connotato per farlo proprio, reinterpretandolo in chiave introspettiva e contemporanea. La pittura di Padovani ci spinge, infatti, ad andare oltre alle apparenze: al di là della patina iconografica, oltre questo o quel riferimento letterario e storico-artistico, le sue opere parlano di noi, di tutti noi. Le sue figure pazzoidi, deformi e scarnificate ci trasportano in un ambiente altro, sacrale, per poi riportarci a noi stessi, in un movimento circolare. Un dipinto di straordinario impatto emozionale è Stelle aperte, realizzato appositamente per la collettiva A riveder le stelle (a cura di Barbara Codogno, Padova, Musei Civici Eremitani, 30 ottobre 2021 – 30  gennaio 2022) prodotta dalla Fondazione The BankETS – Istituto per gli Studi sulla Pittura Contemporanea. Incaricato di realizzare un’opera che facesse da connubio fra Dante e Giotto, Padovani ha impostato il dipinto in tre registri basati sui regni ultraterreni de La Divina Commedia: in basso l’inferno, i cui dannati appaiono inconsuetamente calmi; nella fascia mediana vi è il purgatorio che, anziché essere un promontorio, è raffigurato come un liquido amniotico in cui le anime cercano a fatica di tornare a galla; infine il paradiso, un cielo stellato di giottesca ispirazione che al centro reca uno specchio ovale in cui le anime riemerse possono riflettersi, avendo ritrovato loro stesse. Nonostante l’artista insceni un universo di eccessi crudele, talvolta insopportabile, nella sua arte trapela speranza; vi è infatti una forte tensione verso la possibilità di redenzione per l’umanità intera, verso un domani migliore ancora percorribile

Sergio Padovani, Il bacio, olio, tempera, bitume e resina su tela, 190×160 cm, 2023. Courtesy of Fondazione The BankETS – Istituto per gli Studi sulla Pittura Contemporanea
Sergio Padovani, Il vuoto dell’universo urla ora, olio, bitume e resina su tela, 190×160 cm, 2023. Courtesy of Fondazione The BankETS – Istituto per gli Studi sulla Pittura Contemporanea

Sebbene già ampiamente riconosciuto nel panorama artistico contemporaneo – fra le sue mostre personali più importanti si ricordano Sanctimonia (a cura di Francesca Baboni e Stefano Taddei, Imola,  Galleria Pomo DaDaMo, Museo e Pinacoteca Diocesani, 14 ottobre 2017 – 17 gennaio 2018), L’invasione (a cura di Camillo Langone, Bassano del Grappa, The Bank Contemporary Art Collection, 13 aprile – 31 maggio 2019), I folli abitano il sacro (a cura di Pierluigi Panza, Milano, Fondazione Stelline, 15 settembre – 24 ottobre 2021) –  nell’ultimo anno Sergio Padovani sta conducendo un moto ascendente, attraversando un periodo di intensa attività creativa ed espositiva. Nel 2023 è tornato a comporre musica assieme al gruppo Macchina Anatomica, un “corpo melodico” in continua metamorfosi, aperto alle contaminazioni e al divenire. Il primo singolo dell’album d’esordio Void of universe roars now!, The sinking of an idol like a dead body, fa da colonna sonora al video realizzato dall’artista con l’ausilio dall’intelligenza artificiale per la mostra itinerante Sergio Padovani – Pandemonio; l’esposizione, curata da Cesare Biasini Selvaggi con Francesca Baboni e Stefano Taddei e prodotta dalla Fondazione The BankETS, ha già fatto tappa a Roma (Musei di San Salvatore in Lauro, 30 gennaio – 9 marzo 2024) e a Modena (Complesso di San Paolo, 16 marzo – 5 maggio 2024) e nei prossimi mesi raggiungerà Bassano del Grappa nella sede della Fondazione. La parola “pandemonio”, utilizzata per definire il corpus pittorico esposto, per il pittore emiliano è un «minimo comun denominatore di un universo di immagini narrate, a volte anche crude e difficili da sopportare, che però testimoniavano il momento reale, non solo sociale e politico, ma anche estremamente mio» (Sergio Padovani – Pandemonio, mostra ai Musei di San Salvatore in Lauro, Roma, comunicato stampa, 2024). Attualmente le sue opere sono presentate alla personale Sergio Padovani – Étrange humanité presso la Galerie Schwab Beouburg di Parigi, visitabile fino all’8 giugno 2024.

Sergio Padovani, La donna nuda, olio, bitume e resina su rame, 59×70 cm con cornice, 2023. Courtesy of Fondazione The BankETS – Istituto per gli Studi sulla Pittura Contemporanea
Sergio Padovani, Ordet, olio, bitume e resina su tavola ovale, 150×100 cm, 2023. Courtesy of Fondazione The BankETS – Istituto per gli Studi sulla Pittura Contemporanea

Una “strana umanità”, dunque, quella rappresentata da Sergio Padovani; eppure, tanto strana non è. Un’umanità allucinata composta da folli e miserabili che ci guarda mentre noi la osserviamo, come fa il personaggio in primo piano in Voi, e ci fa comprendere che, in realtà, non siamo così diversi da loro. Anzi, siamo esattamente come loro.

Greta Cavalli

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