La pittura stocastica, il più recente approdo di Sergio Lombardo, abbraccia la creazione algoritmica per arrivare a forme «super-ambigue», contemporanee ma anticonformiste.
All’interno del grande calderone che è diventato il rapporto tra arte, scienza e informatica, l’Intelligenza Artificiale (IA) è una delle frontiere più esplorate degli ultimi anni. Difficile trovarne una sola definizione: la sua ambiguità terminologica risiede probabilmente nell’impossibilità di ridurre ad un’unica nozione il concetto di intelligenza, sia a livello biologico sia, ancor di più, quando essa si leghi alla parola “artificiale”. Jerry Kaplan ha provato ad abbracciare tutto ciò che comporta il concetto di IA: «There are many proposed definitions of artificial intelligence (AI), each with its own slant, but most are roughly aligned around the concept of creating computer programs or machine capable of behaviour we would regard as intelligent if exhibited by humans» (J. Kaplan, Artificial Intelligence: What Everyone Needs to Know, 2016). Oltre alla sua presenza ormai perenne nell’ecosistema globale, l’IA è sbarcata anche nel campo artistico ed estetico in maniera sempre più esplicita. Le fondamenta di questo legame con l’arte possono essere lette nel rapporto tra composizione algoritmica e ricerca artistica. All’interno del panorama italiano, storico e non, Sergio Lombardo dagli anni ’80 ha abbracciato la composizione algoritmica facendola diventare la più recente applicazione della sua ricerca artistica e allo stesso tempo una definizione ante litteram di Intelligenza Artificiale. Grazie a questi studi, la Teoria Eventualista da lui fondata durante la sua carriera ha trovato un ottimo interlocutore per approdare anche nel mondo dell’arte informatica, divenendo una scelta estetica in grado di raccontare i cambiamenti del mondo attuale.
Le fondamenta teoriche
Nell’articolo “Requisiti scientifici della psicologia dell’arte”, pubblicato nel 2000 sulla «Rivista di Psicologia dell’Arte» (fondata da Lombardo nel 1979 come organo di divulgazione scientifica della Galleria Jartrakor), l’artista romano estende la teorizzazione al concetto di creatività, dandone una lettura eventualista dopo averne delineato uno sviluppo storico. L’Eventualismo, pur riconoscendo tale evoluzione non ne condivide la peculiarità artistica: essa è «[…] un’attività biologica inevitabile e necessaria alla sopravvivenza umana, non una facoltà esclusiva dell’artista» (S. Lombardo, Requisiti scientifici della Psicologia dell’Arte. II, 2000). È comune a tutti, in quanto tutti devono interagire con una realtà non statica e in continua evoluzione, dall’atteggiamento parzialmente prevedibile e imprevedibile. La mente umana avrebbe in questa realtà lo scopo di presagire tali cambiamenti e utilizzarli a proprio vantaggio. A quel punto gli avvenimenti immaginabili sarebbero risolti con l’uso della logica e del calcolo, mentre quelli imprevedibili verrebbero affrontati con le funzioni adattive di immaginazione e fantasia, funzioni creative appunto. La differenza quindi tra persona comune e artista è dovuta «al fatto che alcuni modelli di adattamento creativo vengono assunti come modelli rappresentativi da un’intera cultura storica, e gli autori di questi modelli vengono perciò chiamati artisti» (S. Lombardo, Requisiti scientifici della Psicologia dell’Arte. II, 2000).
Questa lettura della creatività trova in sé quell’astinenza espressiva, quella sorta di passività che il creatore deve avere per realizzare stimoli efficaci. La critica alla genialità e specificità dell’artista portata avanti da Lombardo si sviluppa negli anni come una ricerca sull’arte automatica: un tipo di creazione che possa sostituire, migliorandola, la creatività “geniale e personale” dell’artista storicamente detta. Per far sì che che possa soddisfare la teoria eventualista, l’arte automatica non è per Lombardo un metodo che produce ciò che i pittori già producono, né la creazione di un programma per eseguire quelle forme che prima sarebbero state fatte con il pennello. Per Lombardo un’arte automatica eventualista è lo sviluppo di una procedura che crei delle forme intuitivamente inimmaginabili e imprevedibili. Quest’ultime dovranno scatenare nel pubblico la fantasia, in modo che ciascuno spettatore vi proietti i suoi contenuti più personali, diversi da quelli di ogni altro spettatore.

Le forme «super-ambigue»
Nel 1980, dopo una lunga serie di diverse applicazioni della Teoria Eventualista, Lombardo cominciò a dedicarsi allo studio dei processi stocastici, della matematica e, anche attraverso i testi precedentemente citati, a nutrire sempre di più la sua teoria sul tema dell’arte automatica: la pittura stocastica nacque in questo contesto di mutamento. Affascinato dalle molteplici reazioni che forme estremamente ambigue suscitavano, Lombardo si pose il problema di come poterle “produrre” scientificamente, attraverso metodi automatici generando così le prime sperimentazioni di Pittura Stocastica.

Negli anni, l’uso di algoritmi creativi ha portato questa specie di prototipo dell’attuale Intelligenza Artificiale a diventare un vero e proprio strumento di ricerca scientifica eventualista, avvicinando lo stesso artista alle nuove frontiere dell’arte automatica, come lui stesso ha dichiarato in un’intervista:
Gli studi di Intelligenza Artificiale orientati all’estetica matematica, argomento di cui mi occupo da diversi decenni, conducono a ipotizzare sistemi intelligenti capaci di creare automaticamente e di discernere automaticamente il bello dal brutto.
D. M. Gagliardi, Sergio Lombardo: arte e crisi tra tradizione storica e problematiche dell’attualità, 2012
Tuttavia la pittura stocastica, e soprattutto le sue basi algoritmiche e automatiche, portano con sé una difficoltà comune a tutte le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale all’arte, ovvero il cosiddetto “effetto IA” . Lev Manovich, studiando l’estetica dell’Intelligenza Artificiale, si imbatte in una definizione di tale effetto, ovvero del fenomeno per cui «[…] quando capiamo il modo in cui una macchina fa qualcosa di intelligente, questa cessa di essere considerata intelligente» (F. Reed, Promise of AI not so bright, The Washington Times, 13 aprile 2006). Questa dinamica rappresenta un ostacolo, in quanto paradossalmente associamo all’IA solo i problemi e l’immaginario che ancora non sono stati risolti o elaborati, creando l’impressione che l’IA non abbia raggiunto risultati nel corso del suo utilizzo. L’effetto ovviamente si presenta anche quando l’IA viene utilizzata nel campo artistico: quando il fruitore comprende la struttura algoritmica retrostante si esaurisce il suo interesse per l’opera.
Lombardo, pur illustrando da subito il processo con cui sono nate le forme, sembra sfruttare questo fenomeno, superandolo: «L’apparente disordine superficiale del random pattern lavora anche sulla mente di quello spettatore che, pur non cogliendone l’ordinata scientificità, lo interpreta sensatamente proiettandovi contenuti personali inconsci o latenti» (S. Zacchini, Immaginifica e inimmaginabile. La pittura stocastica di Sergio Lombardo, senzacornice, 2017-2018). Più è continuativa e lunga l’osservazione, più da quella ambiguità emergeranno attrattori, una sorta di porta verso l’inconscio.

La visione di arte automatica di Lombardo, quindi, si erge come interpretatrice (eventualista) dell’arte extra-umana e si armonizza con le ricerche sul rapporto tra IA e arte contemporanea, senza però mai allinearvisi totalmente.
Come ha sottolineato Miriam Mirolla,
Forse, l’interesse e il segreto del coinvolgimento nella pittura stocastica risiede proprio nella estrema libertà e distanza dalle forme più familiari del mondo che quella pittura offre, trasformandosi ad infinitum sotto il nostro sguardo. Una pittura che, essendo essenzialmente estranea all’esperienza umana, attende senza fretta i molteplici eventi interpretativi da parte del pubblico.
M. Mirolla, Porre lo spettatore nel centro del quadro, 2007
Stella D’Argenzio